Bonito artigo do L'Unità
La festa di mezzomondo tricolore
Oreste Pivetta
Batte Grosso, di sinistro in alto a destra. La festa è finita, la festa comincia. Chiudono i mondiali e siamo «campioni del mondo», come l´altra volta, quando in tribuna sedeva Pertini. Questa volta sedeva Napolitano, compassato. Centoventi mi- nuti e i rigori. Boom, che botto. Boom, che esplosione in piazza, qualcosa che rimbalza dentro il cuore. L´emozione non si misura. A questo punto non dovrebbe finire mai o dovrebbe ricominciare da capo, visto come è andata. Quanti rigori sarebbe bello vedere e rivedere in fila, dal momento che il risultato è questo. Fino a tarda notte, mentre suonano i clacson e s´allungano i cortei.In piazza del Duomo la vittoria è plurima, multinazionale, globalizzante, multietnica, multiculturale: delle badanti moldave, dei pony express peruviani, dei venditori senegalesi, dei muratori maghrebini, delle colf filippine. Nella bolgia delle bandiere tricolori e delle trombette, non si chiedono i certificati dell´anagrafe e neppure i permessi di soggiorno. La neonata cingalese con la minimaglietta azzurra o le ragazzine scollacciate e l´ombelico in mostra vestite della festa con il chador tessuto di perline o il ragazzone nero avvolto dalla testa ai piedi di tricolore tifano Italia e sono l´Italia che verrà o l´Italia già fatta. Dagli universi della vita difficile e dura si ritrovano davanti a una maxischermo, che è poi un piccolo schermo (ma non esistono maxischermi in proporzione alla giornata?) sul quale giocatori e campo appaiono quadrettati e annebbiati, insieme con i ragazzi e le famiglie della periferia, in cerca più di tutto di una ragione d´orgoglio e di una identità, di una festa in ogni caso e di comunità. Una casa insieme, una "patria" se non mi suonasse sempre un po´ retorico. Un´appartenenza, in una città della fatica che non ti regala niente. Non sarà la conquista delle piazze e del centro che si raccontò tanti anni fa in occasione di un altro mondiale, quello di Spagna, vinto. Le piazze sono di tutti ormai, degradate, impoverite, ingrigite, basta uscire dalla Stazione Centrale, dove i giardinetti fioriti di lavanda sono diventati dormitori a cielo aperto e luoghi di merende. Sono gratis, gli unici posti dove non ti fanno pagare. Ieri il piazzale della stazione era deserto. Anche quelli dei giardinetti sono andati in piazza del Duomo.Molti hanno resistito per ore al caldo torrido, asfissiante, ai riflessi del pavimento di marmorino, molti si sono ritrovati di ora in ora nella folla sempre più spessa, cercando varchi, cercando vuoti attraverso i quali far la mira al piccolo maxischermo. Ovviamente si suona, si sparano fumi multicolori. Si beve: una infinità di birra e una infinità di acqua minerale. Anche in questo caso commercio ambulante che si improvvisa: secchioni di ghiaccio nei quali si raffreddano lattine e bottiglietti. Secondo la sveltezza e la flessibilità dell´improvvisazione e del bisogno.Ovviamente non è solo piazza del Duomo. I maxischermi sono anche a Lampugnano, all´Idroscalo, all´Arena... Centomila duecentomila gli spettatori, poi quelle delle macchine che hanno cominciato caroselli poco scaramantici fino dal mattino: finestrino abbassato e bandiera che sventola. La vittoria sulla Germania ha incoraggiato. A sperare c´erano anche i tedeschi: vincendo l´Italia, sarebbero stati moralmente i secondi. Ma il vero tifo è di Ahmed che mi grida in faccia «Fprza Italia», mi viene da ridere e ride anche lui. Tutti italiani.Centomila o duecentomila sono tanti per una partita di calcio, più quelli che sono rimasti a casa, più i tramvieri della metropolitana che la partita proprio non l´hanno vista. Che cosa muove tanta passione. Certo televisioni e giornali ce l´hanno messa tutta, a ingigantire l´evento, che è gigante per conto suo davanti alla miseria o addirittura alla tragedia dei tempi, mentre s´ascoltano le notizie dei morti di Bagdad. La passione di tanta gente in piazza si capisce anche con la voglia di un giorno di rivincita o di rimozione: tutti protagonisti prima di tornare alla pazienza di ogni giorno.La piazza è passione anche se si vede male. È un dramma quando Zidane fa il rigore per colpa di Materazzi. La palla che rimbalza sulla linea e non si capisce che fine davvero abbia fatto: dentro o fuori. Poi si legge il risultato: la Francia in vantaggio. È impazzire di trombe quando Materazzi pareggia per sè e per l´Italia. Si vedono ancora Zidane e la testata di Zidane, i colpi di Henry, la forza di Cannavaro, la rabbia di Gattuso. Totti che esce, Del Piero che gioca. Lo striscione sopra l´Arengario: «Vinciamo oggi, dimentichiamo Moggi». Sì, c´è anche lo scandalo alle spalle. Roba da farci ridere dietro o da infilarci tutti nel partito dei mafiosi. Zero a zero, ancora. Lo spettacolo lo dobbiamo soffrire tutto.Pirlo e gli altri, Wiltord e gli altri. Alla pari. Sofferenza pura. Materazzi, Trezeguet, viene da chiudere gli occhi. Trezeguet l´italiano, fuori. Grosso chiude. Finchè il sipario cala. La festa e la festa. L´importante è partecipare. Una volta tanto, per un pomeriggio, la festa è stata di mezzomondo in piazza, che ha pure vinto. Come diceva quel film, domani è un altro giorno. Si vedrà. Speriamo. Nessuno ci può togliere dalla testa che Berlino sia un augurio. Un giorno per illudersi. In piazza giunge ancora la voce di un commentatore televisivo: «È stata la vittoria della classe operaia». Illudiamoci.
Pubblicato il 10.07.06
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